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maggio 11, 2023 - Deus Ex Machina

Swank Rally Tunisia

Si è conclusa da poco la prima edizione dello #swankrallytunisia, ultimo spin-off del progetto Swank Rally che, partito da una piovosa giornata alle acciaierei Falck nel 2017, si è evoluto in diverse forme e è in ogni angolo del globo; dalle spiagge balinesi, ai deserti californiani, fino a sbarcare quest’anno per la prima volta in Africa. Alle spalle di questa edizione, un’organizzazione con i controfiocchi: un triumvirato composto da #deusexmachina, Adventure Riding e #AlessandroBotturi, che con il loro expertise hanno creato un evento diverso da qualsiasi ride africano. A credere subito nell’evento è Yamaha - legato allo Swank Rally fin dalla nascita – sponsor ufficiale e presente con una squadra pronta a tutto a cavallo delle loro Teneré. Entrano nella squadra anche Grandi Navi Veloci e Dunlop che sposano lo spirito dell’evento prendono parte all’avventura.

Come per ogni Swank Rally, nello stesso percorso si trovavano neofiti, pro e piloti di ogni età. Non sono mancate le ragazze con la campionessa mondiale di enduro Jene Daniels e Francesca Gasperi, così come non è mancata nemmeno la rappresentanza tunisina con Cherif Chagway, rider locale che ha partecipato a tutte e 5 le giornate mentre seguiva il ramadan. Tra tutti i piloti si è di certo distinto Nicola Dutto, la cui tenacia e combattività ha dell’incredibile ed è fonte di ispirazione per chiunque ami la motocicletta. A fine evento sul podio abbiamo due giovanissimi: #andreagava al primo posto e #filippopietri al terzo, con #alessandroruoso del team Yamaha che si aggiudica il secondo posto a cavallo della bicilindrica Teneré che, come promette il nome, trova nel deserto la sua essenza.

Douz, Camp Zmela, Matamata, Camp Mars, #Douz. Cinque giorni, 700 km di sabbia, rocce e storie motociclistiche. #Douz, soprannominata la porta del Sahara, è la starting line e traguardo dell’evento. Il deserto si intravede entrando in città, ma tanto basta a far venire l’acquolina in bocca a tutti i piloti che scalpitano per partire. A riportare con i piedi a terra ci sono i “capo-gita” Botturi e Zocchi che ad ogni briefing ricordano che siamo nel deserto e che per quanto possa sembrare un parco giochi enduristico, con il Sahara non si scherza. Per questo l’organizzazione ha messo insieme una formidabile squadra di assistenza con ambulanze 4x4, mezzi scope e mezzi benzina a prova di ogni inconveniente e che hanno supportato i piloti fin nel cuore del deserto.

Per molti è stata la prima volta nel deserto, ma anche i veterani dei rally africani non rimangono impassibili al fascino dei panorami di cui si è spettatori: Varcate le soglie della città, la pallida sabbia dei dintorni di #Douz cede il passo alle infinite strade sassose che, senza che ce ne si renda conto, portano ad arrampicarsi sui brulli colli di Matmata, dove le pietre si alternano a prati fioriti e villaggi scavati nella roccia. Tornati a livello del mare, la strada per Camp Mars si perde, dapprima sostituita da una bruna piana che pare infinita e poi di colpo ci si ritrova immersi ad alte e basse dune gialle oro che costeggiano il percorso dei piloti. Questa è la tappa marathon che si conclude a Camp Mars, circondato per chilometri e chilometri da nient’altro che sabbia e dune e dove il senso di isolamento è totale. Ma l’avventura non è avventura se non c’è un imprevisto a rendere le cose più interessanti: l’imprevisto in questo caso è stata la tempesta di sabbia che ha sorpreso i partecipanti all’arrivo a Camp Mars e che ha interrotto l’ultima tappa. Costretti a muoversi in un’unica grande carovana, il lato buono della medaglia è che questo abbia permesso un arrivo scenografico in contemporanea di tutti i partecipanti alla pista ufficiale di corse di dromedari di #Douz.

Nel circuito si è poi tenuta l’ultima prova: un giro a testa con sfida al cronometro nella modalità classica Swank Rally, dove a dare il via e fermare il tempo sono i piloti stessi. Si distingue nuovamente #andreagava che, forse spronato dalle parole “chi fa questo vince tutto”, combatte per ogni secondo per difendere il titolo.

A dare colore all’evento non ci sono solo i paesaggi, ma anche il folklore degli alloggi, in particolar modo i due campi tendati di Camp Zmela e Camp Mars, in cui si ha l’opportunità di dormire nelle tende berbere sotto l’immenso cielo stellato del deserto. I servizi sono essenziali, ma c’è tutto quello di cui si ha bisogno e il senso di isolamento è unico nel suo genere. Soprattutto, se la connessione è praticamente assente, si ha la possibilità di viversi davvero il momento senza le distrazioni degli smartphone e lontani dalla vita urbana.

Sarà la poesia di questi scenari, il cameratismo che unisce i piloti intenti nella stessa missione o il fatto che in fondo si è tutti lì per
divertirsi, ma il risultato è qualcosa di speciale – molto più di una gara o di un giro in #moto.