Cookie Consent by Free Privacy Policy website I 50 anni della SM: sportività e design di avanguardia in un modello che diventò un mito
maggio 20, 2020 - DS

I 50 anni della SM: sportività e design di avanguardia in un modello che diventò un mito

Marzo 1970, Ginevra. I visitatori del prestigioso Salone dell’Automobile che si tiene annualmente nella cittadina elvetica si trovano davanti a uno spettacolo inusuale: la nuova coupé, frutto del lavoro congiunto tra Citroën e Maserati che diventerà un mito: la #sm.

Il costruttore francese, che per lunghi anni ha occupato i due gradini estremi del mercato con due prodotti diversissimi ma frutto del genio degli stessi creatori: la piccola 2CV, #auto minimalista ma farcita di soluzioni tecniche avanti cinquant’anni (tanto che resterà in produzione ininterrottamente dal 1948 al 1990) e la prestigiosa e lussuosa #ds: la Dea delle automobili, che in termini di confort restò un punto di riferimento per tutti i costruttori di #auto di lusso.

La #ds ha tutto: è spaziosa, avveniristica nel design, veloce, elegante e sicura, al punto che la stampa internazionale dal momento della sua presentazione avvenuta nel 1955, è unanime nel giudicarla pressoché perfetta. Non perfetta, ma quasi. Quel “quasi” va cercato sotto al lungo cofano della Dea, progettato per ospitare un motore a sei cilindri boxer e che invece, dal 1955, ne alloggia uno derivato dal vecchio motore della Traction Avant che, per quanto aggiornato e perfezionato, resta un quattro cilindri, rumoroso e vibrante, inadatto a chi cerca, oltre alla velocità che alla Dea certo non manca, anche uno scatto felino e una silenziosità di marcia irrealizzabile col “quattro in linea” della Dea.

Il Centro Studi lavorò a lungo su questo aspetto, progettando vari propulsori con architetture diverse: un V6 a 90°, poi un V8 con due monoblocchi a 4 cilindri uniti centralmente, ma senza raggiungere quel livello di armoniosa perfezione richiesto dalla Direzione Generale che nel 1968 decise di risolvere in maniera drastica il problema e, damblé, comprò la Maserati.
Pierre Bercot, presidente e direttore generale del Double Chevron, aveva già avviato un piano di diversificazione della produzione e una nuova grande vettura era allo studio da tempo: nome in codice “S”, come Sport.

Il team di progettisti si trovò quindi, quasi da un giorno all’altro, a disposizione la preziosa esperienza della Maserati nel settore delle Gran Turismo e della meccanica di precisione e ne approfittò.

La piattaforma era pronta: una versione sportiva della #ds, con passo leggermente accorciato (quello della #ds era di ben 3,12 metri), abbassata e trasformata in coupé. Disponeva di un sistema di guida di tipo aeronautico, dove il volante era collegato alle ruote da un impianto idraulico ad alta pressione che gestiva anche il riallineamento del veicolo, con le ruote che tornavano dritte anche a vettura ferma, dove ogni sensazione era artificiale e dove nulla poteva deviare la vettura nella sua corsa (la forza del martinetto che regolava la posizione delle ruote era tale da rendere l’auto insensibile a buche, pietre o altri ostacoli). A questo va unita la sospensione idropneumatica collaudata nei quindici anni precedenti sulla DS, che aveva dimostrato (e dimostrerà ancora) la sua efficacia nei rally internazionali e nelle “maratone della strada”.

Poi una carrozzeria totalmente nuova: lunghissima (circa 5 metri), profilata come mai un’auto di serie, con tantissimo vetro a circondare l’abitacolo, sottolineato da un grande parabrezza panoramico e un lunotto posteriore avvolgente che dominava un comodo portellone.

Dentro tanto spazio per quattro persone, con due poltrone dal design futuristico per i passeggeri anteriori e spazio anche per i passeggeri posteriori. Quindi non una coupé 2+2, come andava di moda all’epoca nel settore delle Gran Turismo, ma una vera 4 posti, comoda come solo una #ds poteva essere.

Sotto al cofano, Maserati donò alla nuova creatura un sei cilindri a V stretta (60°) dolce, silenzioso, capace però di erogare 180 cavalli di potenza, più che sufficienti per consentire alla grande coupé franco-italiana di fare quel che è stata progettata per fare: spostarsi su lunghe distanze a una velocità media di 200km/h in totale sicurezza e nel più assoluto comfort.

La #sm, in quel marzo del 1970, rappresentava non una nuova Gran Turismo, ma un concetto di Gran Turismo totalmente nuovo, se non un’inedita classe di autovetture pensata per quello che si sarebbe pensato il mondo del futuro, fatto com’era allora di autostrade senza troppo traffico e senza alcun limite di velocità.

Per le conseguenze della crisi petrolifera, nello stesso mese di aprile del 1975 che vide l’uscita della #ds dalle catene di montaggio parigine che l’avevano vista nascere vent’anni prima, anche la #sm uscì di produzione.

Ne furono ancora assemblate alcune presso la fabbrica di #auto sportive del pilota Guy Ligier, per soddisfare gli ultimi ordini, fino alla seconda metà del 1975. Poi, Sua Maestà uscì dai saloni dei Concessionari, ma solo per entrare nei salotti degli appassionati, degli amanti della tecnologia sofisticata che la contraddistingue, della bella meccanica modenese che la anima e della linea, unica ed esclusiva, mai imitata, che la contraddistingue.

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